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Sono sempre più numerose le aziende che offrono benefit e servizi di welfare ai propri dipendenti. La retribuzione del lavoro sta cambiando pelle e vicino al salario monetario sta crescendo il salario sociale, ossia la retribuzione in natura, più conveniente sul piano fiscale e contributivo. Si tratta del cosiddetto welfare aziendale che permette di remunerare i dipendenti con una serie di servizi alla persona e di sostegno al potere d'acquisto tramite l'offerta di servizi di assistenza per i propri familiari, sia bambini sia anziani non autosufficienti, buoni spesa, buoni pasto, iniziative di conciliazione tra vita privata e lavoro, contributi per l'acquisto dei libri per i propri figli, assicurazione sanitaria e via dicendo. Complice la lunga crisi economica di questi anni, molte aziende non sono più in grado di sostenere aumenti monetari per i propri dipendenti e grazie ai vantaggi fiscali del salario sociale ricorrono a piani di welfare aziendale. Si tratta, si badi bene, di un sistema virtuoso che conviene a tutti: all'azienda che migliora la produttività, ai dipendenti che vedono aumentare il loro potere d'acquisto e allo Stato che può fare affidamento su una fonte di finanziamento aggiuntiva per le politiche sociali. Lo sviluppo e la centralità del welfare aziendale prende piede, infatti, all'interno della crisi di sostenibilità del nostro modello di stato sociale e dalla conseguente necessità di individuare nuove leve di finanziamento della spesa sociale.